martedì 31 agosto 2010

post 5

Ma allora cosa ci guadagni? ….
Ci guadagno -disse la volpe- il colore del grano…


Prendi decisioni immature, azzardate, generatrici di caos, tutt’attorno si crea una tabula rasa. Ai volti sbigottiti si affiancano le nevrotiche voci di chi vede gettare al vento patetiche e inesistenti certezze sul futuro. Si accomiatano tutte le promesse di un tempo “basta che se ne parli”, tutti i rassicuranti “scegli per quel che ti senti”, mostra il vero volto chi ti circonda.
Cosa generi dal caos ? Il colore del grano così simile all'oro......oro che a nulla serve, se non sfamare l’anima.

sabato 14 agosto 2010

Ascolto Lever Pulled di Jhon Frusciante, con l’aria fresca che entra dalla finestra e un silenzio di tomba. Amo la notte, dunque il fatto che siano le quattro e trentasette non è un problema, anzi, mi piace tantissimo.

Dicevo: ascolto Lever Pulled, è bellissima, vorrei durasse all’infinito. La rimetto per la quarta volta, due minuti e venti secondi son pochissimi, vorrei durasse all’infinito. Mi capita spesso, quando sento tutta questa calma. In questi momenti vorrei che la sigaretta non si consumasse, che la canzone fosse infinita, che certe storie non avessero mai avuto un epilogo, che certe notti non avessero mai visto la mattina arrivare.
nvece ogni cosa ha una sua fine, è scontato, è banale, è terribilmente triste. Questa notte sta finendo, la canzone è alle ultime battute, le storie son sbiadite, i ricordi servono a poco adesso. Son malinconico ma sereno, non mi butto giù, però delle volte penso che sia tutto stupido, mi rendo conto che aspetto qualcosa, un cambiamento, una persona magari. Ma niente, calma piatta. Tanti tardo adolescenziali, tanti adulti tristi, tanti stupidi. Io non sto in nessuna di queste categorie, mi sento sempre lo stesso, da quando avevo tredici anni, non vi spiego il perché. Sempre con certe idee, certi ragionamenti, pochissimo entusiasmo per quasi tutto, per quasi tutti. Una scarsa partecipazione ai movimenti, zero interesse per il futuro.



Colpisci il passato al cuore
le illusioni di sempre,
colpisci il passato al cuore
le illusioni di sempre
abbatti il futuro
se non ti appartiene,
distruggi il futuro

Libra

Diaframma

venerdì 30 luglio 2010

post 3

In sotto fondo Ac Ha B Parte1 degli Aucan, più tardi seguirà credo qualcosa dei Giardini di Mirò. Più tardi ancora una paglia assieme al chinotto, che in congelatore vede la sua temperatura scendere fino a diventare piacevolmente fresco.

Andare otre le solite stronzate. Voglio non fare un cazzo, che sia però una roba soddisfacente. Ho bisogno di qualche paglia e tra poco la girerò, mi girerò quel dannato trinciato e poi me lo fumerò. Mentre scorre Trompso Is Ok dei Giardini, desidero diverse altre cose: delle casse decenti, ascoltare la musica ad un volume pieno, non troppo forte, ma neanche così basso da non godermelo! Vorrei poter spegnere l’interruttore e accendere la lampada del letto, così da avere una illuminazione più soffusa: mi maledico perché la mia lampada è da mesi ko e non l‘ho mai sistemata. E vorrei avere una casa vicino al mare, mi piacerebbe ora affacciarmi dalla finestra e osservare le onde frangersi sotto la luna. Cazzo quanto lo vorrei. Voglio una bottiglia di acqua fresca, così tra poco scenderò le scale, aprirò il frigo e me la porterò a letto; sarà buonissima.
Dove sta scritto che non posso stare solo? Da nessuna parte. Sto facendo proprio questo ultimamente. Dopo un anno del cazzo, un secolo in cui mi son aggrappato dove potevo, facendo roba di cui non me ne fregava un cazzo, sto riprendendo la mia esistenza. Sto tagliando nuovamente i ponti con il mondo che mi circonda, sto smettendo di accettare compromessi che non portano proprio a nulla.
Ora passa Mai Come Voi dei Tarm. La sigaretta si consuma leggera, aspiro piano, ha un gusto buonissimo. Tradisco secondo alcuni i miei polmoni, ma chiunque invidierebbe la calma serafica con cui la fumo appoggiato al davanzale. Il silenzio mi pervade, son di nuovo quello di un anno fa, prima di lei, lei che oramai è collocata tra le persone banali. Sto bene; nell’equilibrio che da tanto non sentivo sto bene. Come mi mancava. Posso di nuovo sputare addosso a chi non mi va, la pianto di credere che alla fine son io a sbagliare, che la vita è altra dalla mia. Ma non è così. So per certo di aver ragione. La verità è relativa, ragion per cui accetto la mia e la difendo. La mia piccola verità è fatta di camera mia, dei miei scritti, della mia musica, delle mie foto, dei miei scazzi, della mia solitudine, della noia che provo ad ascoltare i discorsi di quasi tutti, la soddisfazione nel trovare qualcuno che sappia dirmi qualcosa; la mia verità, o vita, o soddisfazione, o felicità o quel cazzo che vi pare, è fatta di notti concerti-chiacchiere sull’erba/sabbia con sconosciuti che si rivelano interessanti , di giorni che iniziano tardi, mai la mattina, forse il pomeriggio, godibili solo la notte; giorni spesi a pensare, altri a produrre, molti altri a non far nulla; è lasciar scorrere tutto quanto non m’interessi, e prostrarmi ai piedi del mio sangue(riprendendo J. Fante).

Niente più musica, qualche macchina lontana e il ronzio del ventilatore. Non ho sonno perché mi son svegliato tardissimo. Preparo e accendo una seconda sigaretta. Sono tre ore che sto su questo pezzo, spero di starci sopra ancora a lungo. Mi mancava scrivere.

Il resto però lo pubblicherò più tardi…o mai.



Ps: come non dir nulla su internet.

mercoledì 28 luglio 2010

post 2

De Andrè è un poeta. Sapeva descrivere i miei sentimenti. Faber? Lo amo.

Altre amenità e banalità sui generis le avrò sentite mille e più volte. Ma chi può capire De Andrè? E Baudelaire? E Ovidio ? Wilde, Dante, Shakespeare? Il tizio sotto i portici con i suoi topini e il gatto? Chi capisce un poeta, un artista, una persona che sta oltre?

Il sentire che va oltre produce opere che non risiedono nel comune sentire, e quest’ultimo appartiene a quasi tutti. Molti si fanno ammaliare dalle parole dolci e grevi, dalle voci malinconiche, ma quasi fosse uno sprofondare momentaneo, finita la lettura l’ascolto la visione di un’opera, ritornano alla superficie su cui camminano ogni giorno. O meglio dire in cui galleggiano ogni giorno. Si emozionano con poco, e se l’opera è viscerale e sbatte in faccia la cruda verità allora è merda: gli stolti non colgono la realtà dei fatti e la rifiutano se presentata al loro cospetto. Se di De Andrè conoscessero la vita si schiferebbero, come si schifano per l’ubriacone del bar sotto casa, ma di De Andrè conoscono solo le belle parole, senza realmente capirle. Come di tutti gli artisti. Ma l’artista, almeno per come la vedo io, vive la sua arte, o meglio, la sua arte è un aspetto della sua vita. Così un amore finito non sarà tragedia solo a parole, ma lo sarà nei fatti; mentre molti piangeranno per un minuto mollati dalla propria donna ascoltando, dio mio, “la canzone dell‘amore perduto”, per poi tornare al loro lavoro, alla loro palestra, e mettendo una faccina triste sotto l’aggiornamento “è diventato single”,e in poco tutto tornerà a posto, perché la vita continua. Penseranno che un rivoltoso sia romantico soltanto ascoltando “canzone del maggio”, ma chiunque compie una sola azione di rivolta è un terrorista, un matto e così via. Ma non funziona così. Se capisci veramente una poesia, un romanzo, una canzone, un quadro una foto un film un cortometraggio una frase detta a denti stretti è perché anche tu senti tutto ciò dentro; e non solo durante lo “sprofondare momentaneo”.

De Andrè e gli altri non li capite. E forse non capite quel ragazzo che vedete per strada, quella ragazza al bancone di un bar che si sforza di sorridere, né quella donna stanca e sciatta.

post 1

Svuotato. Non volevo accadesse, eppure mi sento così. Svuotato.
Non riesco a piegarmi, il mio vero problema è questo. Non riesco a piegarmi, so cosa dovrei fare, so cosa sarebbe meglio per stare tranquillo ma non mi riesce proprio. Anche perché in realtà starei soltanto facendo ciò che la società mi dice di fare. Ora, non si dica che attribuire alla società i propri problemi sia da deboli, sia sgravarsi dalle proprie responsabilità; il problema è che chiunque ti stia vicino, quasi tutti, son stritolati dai doveri, dall’ideale di vita non dico perfetta, ma allineata. Tenersi sulla strada maestra. La difficoltà dunque non sta nell’appallottolare la carta dei doveri, ma dimenticarsi di quante delusioni spargerai attorno; gli occhi increduli, rabbiosi, delusi. La difficoltà sta nel tapparsi le orecchie e non dar peso ai rimproveri, alle accuse, alle parole di chi si aspettava altro. In fin dei conti, per quanto si possa essere dei solitari, spezzare i pochi legami che valgono è difficile;

Io so cosa devo fare perché tutto ciò non accada, ma non è quanto desidero per me. Ovvero, vorrei che chi mi sta attorno si senta felice per la mia stessa serenità, qualunque sia il modo in cui io la raggiungo. Vorrei essere più utile, più occupato, meno disimpegnato. Non coincide questo con il laurearsi, con l’affliggersi quella che per me è una punizione quotidiana. Non è l’adattarsi ad un qualunque mestiere “e poi nel tempo libero sei libero”. Io non mi sento mica schiavo dello scorrere dei giorni, degli anni, della vita. Ma dal non stringerla, del non godermela. Vorrei sentirmi utile, in una qualche maniera, in una certa misura. Andando oltre la banalità del “controllare” l’esistenza, questo si che è banale. Non è possibile, non abbiamo scelto di nascere, non scegliamo di morire, figurarsi se abbiamo tanta voce in capitolo sul resto. Ma per assurdo è qui che tutto si decide. Scegliere come non esserne padroni, visto che non lo si può essere fino in fondo. Timbrare ogni giorno un cartellino, tornare a casa e non aver energie per nulla, svuotati da tutto ciò che non ci interessa, che non ci appartiene, che non ci riempie. Aspettare le poche giornate libere per affrancarsi da un lavoro di merda, per una laurea del cazzo, per dei doveri vili: tutto questo è cedere un pezzo di se, quel poco che di noi stessi possediamo.

È un discorso che non per tutti vale il mio, c‘è chi si realizza così, e son sinceramente felice per loro. Ma io non son questo, non sono una laurea, un contratto a tempo indeterminato. Io non son servile.
La scelta è semplice: essere portati in palmo di mano se fai tutto quel che occorre, oppure schiacciati dallo stesso palmo che diventa un pugno stretto con te dentro.

Da bambini ci ripetevano sempre che siamo tutti uguali, in dignità e diritti, ma tutti siamo fatti in maniera diversa e tutte le diversità vanno rispettate. Poi un giorno se non sei troppo stupido capisci che siamo tutti uguali in doveri, alcuni hanno bel altri diritti, e nessuno deve avere una diversità.

Non riesco a piegarmi, mi avvilisce, ogni qual volta che ci provo.