mercoledì 28 luglio 2010

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De Andrè è un poeta. Sapeva descrivere i miei sentimenti. Faber? Lo amo.

Altre amenità e banalità sui generis le avrò sentite mille e più volte. Ma chi può capire De Andrè? E Baudelaire? E Ovidio ? Wilde, Dante, Shakespeare? Il tizio sotto i portici con i suoi topini e il gatto? Chi capisce un poeta, un artista, una persona che sta oltre?

Il sentire che va oltre produce opere che non risiedono nel comune sentire, e quest’ultimo appartiene a quasi tutti. Molti si fanno ammaliare dalle parole dolci e grevi, dalle voci malinconiche, ma quasi fosse uno sprofondare momentaneo, finita la lettura l’ascolto la visione di un’opera, ritornano alla superficie su cui camminano ogni giorno. O meglio dire in cui galleggiano ogni giorno. Si emozionano con poco, e se l’opera è viscerale e sbatte in faccia la cruda verità allora è merda: gli stolti non colgono la realtà dei fatti e la rifiutano se presentata al loro cospetto. Se di De Andrè conoscessero la vita si schiferebbero, come si schifano per l’ubriacone del bar sotto casa, ma di De Andrè conoscono solo le belle parole, senza realmente capirle. Come di tutti gli artisti. Ma l’artista, almeno per come la vedo io, vive la sua arte, o meglio, la sua arte è un aspetto della sua vita. Così un amore finito non sarà tragedia solo a parole, ma lo sarà nei fatti; mentre molti piangeranno per un minuto mollati dalla propria donna ascoltando, dio mio, “la canzone dell‘amore perduto”, per poi tornare al loro lavoro, alla loro palestra, e mettendo una faccina triste sotto l’aggiornamento “è diventato single”,e in poco tutto tornerà a posto, perché la vita continua. Penseranno che un rivoltoso sia romantico soltanto ascoltando “canzone del maggio”, ma chiunque compie una sola azione di rivolta è un terrorista, un matto e così via. Ma non funziona così. Se capisci veramente una poesia, un romanzo, una canzone, un quadro una foto un film un cortometraggio una frase detta a denti stretti è perché anche tu senti tutto ciò dentro; e non solo durante lo “sprofondare momentaneo”.

De Andrè e gli altri non li capite. E forse non capite quel ragazzo che vedete per strada, quella ragazza al bancone di un bar che si sforza di sorridere, né quella donna stanca e sciatta.

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